Con l’apertura della Porta Santa in San Pietro, nella Vigilia di Natale, Papa Francesco ha inaugurato l’Anno Santo del 2025.
Il Giubileo è un evento legato al tema del cammino e del pellegrinaggio, che assume una valenza simbolica, oltre che corporea o geografica. Si cammina non solo per raggiungere una mèta o per tagliare un traguardo, ma per lasciarsi cambiare dal cammino stesso. Non alla fine, ma durante il cammino.
Nel salutare ciascuno di voi, atleti e atlete giunti nella Terra di San Benedetto da ogni parte d’Italia per i Campionati Nazionali di Corsa Campestre organizzati dal CUS di Cassino, intendo anzitutto ringraziarvi, perché con il vostro impegno sportivo, che vi chiama a competere nella corsa, ci ricordate quanto sia importante non solo gareggiare o dedicarsi a una sana attività sportiva, ma il camminare, il correre in quanto tale, che diviene metafora di una vita umana protesa a trovare il proprio senso non nel rimanere dove si è, ma nel tendere verso un obiettivo, nell’affrettarsi a raggiungere un traguardo che è il compimento del proprio desiderio, nel lasciarsi cambiare da ciò che si vive in modo dinamico, impegnando tutte le proprie energie – corporee, mentali, spirituali – per migliorare se stessi, per oltrepassare i propri limiti, per realizzare i propri sogni, per non arrendersi davanti agli ostacoli, per non lasciarsi vincere dalla fatica o dalla paura di non farcela.
Nei suoi scritti, san Paolo fa della corsa un’immagine della vita spirituale. Scrive ai Filippesi:
«Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,12-14).
Si corre e si gareggia per conquistare un premio, ma soprattutto per non rimanere prigionieri del passato o staticamente ancorati al presente, e così aprirsi alla novità di un futuro, fondato non sulla nostalgia, bensì sulla speranza.
Anche san Benedetto, nella sua Regola, ricorre all’immagine della corsa quando nel Prologo scrive che «si corre con cuore dilatato e con ineffabile dolcezza di amore sulla via dei divini comandamenti».
Carissimi e carissime giovani, auguro davvero a ciascuno e a ciascuna di voi, in questi giorni di campionato, di vivere l’esperienza di un «dilatamento del cuore», non solo perché impegnati nel gareggiare, ma soprattutto perché raggiunti dalla gioia di vivere un’esperienza di amicizia, di incontri, di relazioni, oltre che dalla bellezza di questa terra e della sua storia, della sua cultura, della sua ricca tradizione spirituale, cresciuta nei secoli sotto la vigile cura dell’Abbazia di Montecassino e dei suoi monaci.
